Sunshine Jones - Seven tracks in seven days

Comincio le recensioni della categoria electronic di sonic-o con un disco elettronico sognante e malinconico.

"Seven tracks in seven days" è l'ultimo disco di Sunshine Jones, produttore, musicista, dj, graphic designer Californiano, fondatore dei disciolti Dubtribe soundsytem .

Il disco inizia con un pianoforte malinconico che sfuma nel suono delle onde del mare. L'atmosfera dell'intero disco è racchiusa in questo inizio.
Poi arrivano le percussioni e un beat di sottofondo che ci ricorda cosa stiamo ascoltando: house, deep house, ritmi tribali, dubdisco.

"Seven tracks in seven days" non è un disco da dance floor. E' un viaggio sonoro caratterizzato da ritmi languidi come nell'iniziale "We are free" oppure più spezzati come in "Anywhere you are". Un viaggio che diventa ipnotico nella parte centrale del disco con la doppia versione di "I believe". Dodici minuti divisi in una prima parte denominata "Stripped dub" ed in una seconda, "I believe", più lunga, con beat ossessivi che accompagnano la voce che ripete senza sosta "Do you believe? I believe." Il pezzo è un mantra, una preghiera, il suono del basso è profondo e costante, il ritmo accelera e poi diminuisce piano piano per poi ricominciare di nuovo. La voce non smette di ripetere do you believe? I believe?.

Il viaggio sonoro continua e ci regala "I surrender", anch'essa divisa in due parti, la prima di quattro minuti e la seconda di otto denominata "Version for the sixth planet". Il titolo dice già tutto: se "I believe" era un viaggio all'interno di se stessi, "I surrender" è un viaggio all'esterno, verso spazi infiniti, verso il "sesto pianeta" o sopra le onde del mare che aprono il disco.

I surrender baby, I surrender to your love...

http://www.sunshine-jones.com/
http://www.kingstreetsounds.com/sunshinejones/

Ufomammut / Lento "Supernaturals Record One"


Ok, visto che Riccardo è già andato a letto vedo di menare le danze con questo primo post "Electric" a cui stavo pensando da qualche settimana.
Gli Ufommamut (http://www.ufomammut.com/) spargono magma insieme ai Lento (http://www.lent0.com/) in uno split(?) chiamato "Supernatural Record One" e fin qui potrebbe starci un "chissenefrega" bello e buono, se non fosse che fareste un grosso errore a sottovalutare questi due gruppi del sottobosco italico, usciti in primavera con la consueta indifferenza dei media che nella maggior parte dei casi non hanno dato che minimo rilievo alla cosa.
La strada seguita è quella segnata profondamente dal solco di "Lateralus" dei Tool e poi ripresa e modificata da un movimento chiamato programmaticamente (e già ci siamo con il termine prog...) Heavy Mental: Isis (a valanga) Jesu e qualche spruzzo di Mastodon.

Ma che cacchio suonano questi Ufomammut? e i Lento?
Prendete l'ultima evoluzione metal (niente cazzate degli anni '80, per intenderci) e iniettate tutto con potenti dosi fuori portata di psichedelia floydiana. Buttate pure la pasta e spargete il tutto con salsa prog.
Cosa ne esce? ne esce la via italiana all'ultimo movimento veramente audace uscito a livello mondiale, e solo per questo sarebbe sufficiente per interessare un ascoltatore attento alle evoluzioni della musica elettrica di impatto (of course)
Sapete cosa vi dico? Ho avuto la stessa impressione che ho avuto anni fa ascoltando in ambito post-rock prima gli scozzesi Mogwai e poi gli italianissimi Giardini di Mirò, con l'unica differenza che allora i Giardini mi sembrarono dei cloni del gruppo scozzese, mentre oggi questo disco mi pare la presa di coscienza di due gruppi italiani che cercano di spaccare in due il metal e l'indie rock per fondere le due cose in un unico stimolante contenitore sonoro.
Quando uscirono i Tool di Lateralus mi venne da definire il disco Indie Metal (e vai con le etichette! yeah!) e oggi mi guardo indietro dandomi ragione (la ragione di solito si dà ai matti no?). Ora questo disco stende un velo programmatico che va al di là del semplice dischetto (ho detto dischetto Richy, non download...) e che pone le premesse per andare finalmente avanti anche nella nostro stivale.
Niente voce, niente strutture complesse ma un suono stratificato, potente e mai banale perchè tutto è suonato in funzione del pezzo. C'è della materia cerebrale affilata e tagliente in questo disco...
Da una settimana me lo ascolto in macchina e trovo che gli incroci strumentali e la volontà di comunicare siano veramente fighissimi, stilosi e neri come la pece.
Naturalmente voi, amanti di Bruce Dickinson e compagni statevene alla larga.

Questa è roba che scotta, roba che può interessare i cazzoni dell'evoluzione della specie del rock, i segaioli lisergici amanti del catrame più nero che c'è e chi pensa che il "progredire" dei Mars Volta sia un ritorno al futuro da tenere d'occhio.
Altra cosa: la confezione e il design sono curati "a mano" dall'artista visivo Malleus (http://www.malleusdelic.com/) che ne fa di cotte e di crude (vedi la splendida maglietta sul Papa in vendita sul suo sito). Una ragione in più per comprare il cd, metterlo nel lettore, e guardare il tutto con vena feticistica...

A te la palla "Electronic"...!!!