It's the beat!


FESTIVAL BEAT XVI Salsomaggiore Terme (Parma) 3-4-5-6 Luglio

Da qualche anno il Festival Beat è diventato un appuntamento fisso nella mia estate. Tutto è nato per caso, grazie all'amicizia con uno degli organizzatori, ma la passione per questo festival fuori dal tempo e dalle mode del momento è continuata.
Il festival anche questo anno raduna il meglio della scena garage-rock italiana e grandi nomi internazionali: parliamo di gruppi come "Gli avvoltoi", "I ganzi", "The psychotones", "The downliners sect". Come sempre non conosco nessuno di questi gruppi e non sono neppure particolarmente appassionato del genere ma poco importa. Il Beat festival è un tuffo negli anni '60 grazie a un' atmosfera unica fatta di musica, mostre, conferenze, birra, salamelle e varie iniziative collaterali tipo il ritrovo degli appassionati di Ford Capri e Taunus!

Vedrete stivaletti a punta, giubbetti di pelle, minigonne psichedeliche, organi vox, chitarre fuzz ma soprattutto una passione rock che trasuda dai pori di tutti i gruppi presenti. Già perché non si tratta di un festival solo per vecchi bacucchi nostalgici fuori dal tempo. E' un festival vivo dove si suona e si suda con passione e stile non sempre facili da trovare.

Da buon vecchio fanzinaro non posso poi non essere rapito dall'anima realmente underground del Festival, nato dalla passione e dalla fatica di un gruppo di amici e arrivato ora alla 16° edizione con migliaia di presenze da tutto il mondo.
Mettevi quindi i pantaloni stretti e gli stivaletti appuntiti ma soprattutto lasciate a casa i vostri gusti musicali e i preconcetti. Il beat vi aspetta, basta muovere i piedi a tempo!
http://www.myspace.com/festivalbeat

p.s.
Nel video i The Cynics nell'edizione dello scorso anno.
Qui altri video della scorsa edizione: http://it.youtube.com/user/ric2tube

Le luci della centrale elettrica - Canzoni da spiaggia deturpata


Copertina di Blow-up.
Disco del mese per Rumore.

Una mail ricevuta da un'amico di cui mi fido ciecamente.

E' bastato questo per farmi avvicinare alla sigla "Le luci della centrale elettrica", sotto la quale si nasconde un giovane ferrarese di nome Vasco Brondi, uscito alla ribalta per merito di Moltheni e ora alle prese con "Canzoni da spiaggia deturpata".


Al primo ascolto capisci già che non è cosa con cui scherzare. Il disco è prodotto da Giorgio Canali (Verdena, Il Santo Niente...) e il suo lavoro è semplicemente magnifico: oltre a dare spessore, tensione e suono distorto ad un insieme di canzoni tendenzialmente cantautoriali, suona ed elettrifica gran parte del disco con maestria e personalità.


Ma la farina del sacco è tutta però di questo ragazzo, che imbraccia l'acustica e stride la sua voce dipingendo un panorama post-suburbano dai tratti umani, catapultando chi ascolta in una dimensione veramente unica. Evoca manganelli infranti sulle vetrine interiori, profumo di paraffina nel fumo appena comprato, capelli come fili elettrici scoperti, alberi stempiati, spacciatori e appartamenti subaffittati. "Le luci della centrale elettrica" non parla ma urla, urla alla parte meno compromessa che c'è in ognuno di noi, a quella più vera, probabilmente anche a quella più malata e depressa.

Esagerato quando Vasco urla in faccia al microfono "Andiamo a vedere le luci della centrale elettrica!" facendosi beffe delle stelle e delle lune evocate dai canzonettari italiani, oppure quando sceglie di volere nel ventaglio dei futuri probabili per la sua esistenza soltanto "futuri inverosimili", forse per non smettere di guardare avanti, forse anche solo per tentare di stare a galla.


10 canzoni con i controcoglioni, che rompono lo stomaco di chi ascolta e aprono il cuore senza mezze misure, che proiettano l'ombra di Rino Gaetano del 2020 facendolo cantare come Ferretti dei CCCP (evocati entrambi in maniera esplicita come dire: "lo so che tutti mi affiancheranno a loro, tanto vale agire in contropiede...")


Per la prima volta un gran disco di musica italiana fatta da chi ha meno di 25 anni. Un disco giovane, scritto da chi ha talento e che smentisce chi diceva (me compreso) che bisogna avere più di 35 anni in Italia per pubblicare un ottimo disco. Per una volta vedere su un muro la scritta "Vasco sei un mito" non mi provocherà i soliti conati di vomito e, anzi, magari sorriderò pure annuendo...