Le luci della centrale elettrica - Canzoni da spiaggia deturpata


Copertina di Blow-up.
Disco del mese per Rumore.

Una mail ricevuta da un'amico di cui mi fido ciecamente.

E' bastato questo per farmi avvicinare alla sigla "Le luci della centrale elettrica", sotto la quale si nasconde un giovane ferrarese di nome Vasco Brondi, uscito alla ribalta per merito di Moltheni e ora alle prese con "Canzoni da spiaggia deturpata".


Al primo ascolto capisci già che non è cosa con cui scherzare. Il disco è prodotto da Giorgio Canali (Verdena, Il Santo Niente...) e il suo lavoro è semplicemente magnifico: oltre a dare spessore, tensione e suono distorto ad un insieme di canzoni tendenzialmente cantautoriali, suona ed elettrifica gran parte del disco con maestria e personalità.


Ma la farina del sacco è tutta però di questo ragazzo, che imbraccia l'acustica e stride la sua voce dipingendo un panorama post-suburbano dai tratti umani, catapultando chi ascolta in una dimensione veramente unica. Evoca manganelli infranti sulle vetrine interiori, profumo di paraffina nel fumo appena comprato, capelli come fili elettrici scoperti, alberi stempiati, spacciatori e appartamenti subaffittati. "Le luci della centrale elettrica" non parla ma urla, urla alla parte meno compromessa che c'è in ognuno di noi, a quella più vera, probabilmente anche a quella più malata e depressa.

Esagerato quando Vasco urla in faccia al microfono "Andiamo a vedere le luci della centrale elettrica!" facendosi beffe delle stelle e delle lune evocate dai canzonettari italiani, oppure quando sceglie di volere nel ventaglio dei futuri probabili per la sua esistenza soltanto "futuri inverosimili", forse per non smettere di guardare avanti, forse anche solo per tentare di stare a galla.


10 canzoni con i controcoglioni, che rompono lo stomaco di chi ascolta e aprono il cuore senza mezze misure, che proiettano l'ombra di Rino Gaetano del 2020 facendolo cantare come Ferretti dei CCCP (evocati entrambi in maniera esplicita come dire: "lo so che tutti mi affiancheranno a loro, tanto vale agire in contropiede...")


Per la prima volta un gran disco di musica italiana fatta da chi ha meno di 25 anni. Un disco giovane, scritto da chi ha talento e che smentisce chi diceva (me compreso) che bisogna avere più di 35 anni in Italia per pubblicare un ottimo disco. Per una volta vedere su un muro la scritta "Vasco sei un mito" non mi provocherà i soliti conati di vomito e, anzi, magari sorriderò pure annuendo...

1 commento:

  1. disco enorme Paolo!
    è straripante
    drammatico
    tremendamente attuale.
    è una radiografia spietata di questi cazzo di anni zero.
    e le chitarre di Canali sono sfondi preziosi per i contrasti.
    un lavoro magnifico che merita tutto il risalto che sta ottenendo.
    sono contento che ti piaccia.
    a presto!
    -uzd

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